Chiara Pellicoro De Candia

Chiara Pellicoro De Candia nasce a Taranto, ma ora vive con la famiglia in quel di Gioia del Colle, cittadina in collina, in provincia di Bari.
Terminato il liceo classico, consegue la laurea in giurisprudenza e subito dopo l’abilitazione all’esercizio della professione forense.
Ha, un marito, che molti amici definiscono martire delle sue molte manie, tre figli, quattro gatti e due cani. È un’ottima cuoca, lavora con successo a maglia, producendo i capi che lei stessa disegna e poi regala: si è sempre sentita una scrittrice prestata alla famiglia e alla professione forense, nonostante lo svolgimento stakanovista di quest’ultima.
Lettrice forte, di quelle che innalzano la statistica nazionale, con i suoi 4-6 libri al mese, (con punte di dieci, ci tiene a precisare), inizia a scrivere a nove anni: una poesia dedicata alla maestra, la sua prima vera mentore.
Dice che i suoi scrittori preferiti sono O.Fallaci, G.Garcia Marquez, D. Leavitt, L.Sciascia, A. Camilleri, A.Baricco, A. De Carlo, H. Murakami, B.Yashimoto, S.Veronesi, D.Chavarria e Luis Sepulveda, ma poi aggiunge che in realtà, tolta la letteratura rosa e/o erotica, la sua libreria è multietnica, multiculturale e multistrato. E li ama tutti.
Ma sono stati i racconti di E.A.Poe la prima vera lettura della preadolescenza, seguita a ruota dall’Antologia di Spoon River e dalla fantascienza di Asimov, giacché in piena adolescenza arrivarono Kerouac, e la beat generation, alla quale si sentiva (e si sente) di appartenere. La notte prima degli esami di stato al liceo la passò leggendo “Lo straniero ” di A.Camus.
La sua “bibliografia” si è formata a partire da una commedia comica, scritta in seconda media e portata in scena, se così si può dire, nell’ambito della scuola. Ne possiede ancora l’originale, conservato come una reliquia.
Contestualmente è nata la vena poetica, con una produzione massiccia iniziata sempre all’epoca delle scuole medie, proseguita ininterrotta fino al 2000, e ripresa da qualche mese. Se dovesse dare una definizione della sua poetica, la chiamerebbe ermetismo sociale.
Ha all’attivo una raccolta di monologhi, tratta da una precedente silloge di poesie, con un tentativo fallito di portarli in scena.
Con storiebrevi.it ha pubblicato per la prima volta: un racconto “Lettera a uno sconosciuto”.
Ma, scusate la banalità, chi nasce tondo non muore quadrato, ci tiene a precisare.
Ora è tornata ai temi più cari, con una raccolta di racconti brevi, in forma di dialogo, DODICI RACCONTI ESSENZIALI, autopubblicata su Amazon in ebook , e in corso di revisione.
E nel cassetto virtuale della sua pen drive molto altro.
Non sempre scrive di getto e in maniera compulsiva: a volte scrive un incipit, anche due o tre parole e per qualche tempo se ne dimentica. Poi il personaggio che aveva in mente insieme alla sua storia si affaccia impudente in mezzo a una pletora di file word, e le dice: allora? Che aspetti?
Ogni personaggio è come un figlio: una volta messo al mondo, non si può abbandonare. E i personaggi di “Le oche del Canada” per troppo tempo si sono sentiti abbandonati. Il romanzo infatti è nato e cresciuto per strati, un pezzo a ogni viaggio in Sicilia e alle isole Eolie.
Non vanta titoli poiché non ha mai partecipato ad alcun concorso, né con i romanzi né con le poesie.

Per Le Mezzelane Casa Editrice ha pubblicato