Descrizione
Ascoltare, sentire, è una scelta, un atto creativo e questi 180 “brevi racconti del sonoro” ci ricordano come fare
di Mechi Cena e Francesco Michi
L’essere umano si annuncia al mondo con un suono, non importa se è un colpo di clacson o il vagito di quando si nasce. Gli esseri umani dicono “sono qui” con un suono o un rumore.
La necessità di segnalare la propria presenza deriva dal fatto che l’essere umano è un animale sociale, e i suoni – anche quelli non emessi intenzionalmente – mantengono nel corso della sua esistenza un’importanza fondamentale. Ascoltare, dunque, è l’atto primitivo (nel senso di primo ed essenziale) del comprendere il mondo e dell’orizzontare le proprie azioni o reazioni in esso.
I suoni quotidiani raccontano di noi al mondo, segnalano la nostra esistenza in vita. Dicono se non proprio tutto, almeno tanto di noi.
Ma sappiamo ancora ascoltare? Decifrare i segnali del mondo?
Chi è stato al concerto di un coro, o di una orchestra sa che è possibile “sintonizzarsi” su una voce o su uno strumento e, in qualche modo, tirarlo “fuori” dall’insieme.
È proprio questo il concetto di ascolto espresso in questi 180 “brevi racconti del sonoro”: ascoltare, sentire, è una scelta, un atto creativo, volontario o meno, culturale o meno.
Ma se, come è dimostrato, perfino il battito cardiaco degli amanti si sincronizza; se come sostiene lo storico William McNeill “il movimento ritmico sincronizzato – e i sentimenti condivisi che evoca – è una forza potente nel tenere insieme i gruppi umani”, possiamo ancora dimenticarci di ascoltare?
Perché, talvolta, il silenzio o la sordità assomigliano troppo all’aria di un abbraccio vuoto.
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