Pensieri fugaci – carta

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COD: ISBN 9788833284439 Categorie: , Tag: , , ,

Descrizione

Pensieri fugaci afferrano il tempo come uccelli rapaci. / Son pensieri fugaci consolando la mente a essi poi tace

di Maria Teresa Chechile

Tutto nasce così.
Da quel sottile vibrare di corde che, sin da piccola, mi hanno accompagnata in tanti momenti della vita e che fin dove potevo o posso ancora arrivare, con la mente e con il cuore, hanno sentito e sentono armoniosi suoni, componendo melodie da tradurre in versi. Perché se è vero che la poesia è l’estensione dell’anima, in me sulle ali del pensiero, ha spiccato il volo. Un vagare attraverso l’osservazione, la meditazione, il silenzio e l’interrogarsi sul “come”, il “quando” e il “perché” delle cose, che muovono, spingono e sospingono l’essere umano ad andare oltre. È da quel probabile primordiale istinto, innato, consapevole o inconsapevole, che tutto ha avuto inizio. All’affollarsi nella mia mente di prime
rime, di primi concetti che hanno poi preso forma e consistenza, divenendo poesia.
Tutto nasce così, da un lucido ma al contempo folle “maneggiare” di fluttuanti frasi. Lucida follia la mia, in un viaggio nella vita, fatto non solo di parole stampate sulla bocca ma portate addosso come pelle.

Informazioni aggiuntive

Autore

Maria Teresa Chechile

Pagine

96

Formato

15×21 – rilegato – con alette – con segnalibro ritagliabile

1 recensione per Pensieri fugaci – carta

  1. Marianna Addesso

    Inebriati dal profumo del ragù messo a “pippitiare” per il pranzo della festa di San Donato e ospiti di una suggestiva location, abbiamo assistito, ieri sera ad Auletta (SA), alla presentazione-spettacolo della raccolta di poesie Pensieri Fugaci, di Maria Teresa Chechile.

    Nata a Zurigo, ma cresciuta nel borgo valdianese di Atena Lucana, l’infermiera poetessa, appellativo che le è stato dato in riferimento al suo lavoro di infermiera professionale, vive da tempo a Jesi. Scoperta e lanciata da Alessandro Quasimodo, figlio del grande Poeta, grazie alla sua poesia Di Notte, ha vinto numerosi premi letterari che l’hanno portata ad essere riconosciuta e stimata nell’ambito dei circoli di poesia italiani.

    L’ultima sua fatica editoriale ha visto la luce durante la Pandemia da Covid-19, che la Nostra, a causa del suo lavoro, ha purtroppo vissuto in prima linea. Proprio questo ritrovarsi giorno dopo giorno e per tanto tempo vicinissima alla sofferenza che ha colpito tutto il mondo, ha fatto scattare in lei (come racconta durante la presentazione) il bisogno di ritrovare un senso alla vita, ai valori semplici che l’hanno vista, bambina prima e adolescente poi, affacciata alla finestra della sua cameretta da cui osservava i suoi monti e il panorama notturno che le ispirarono la sua poesia, ad oggi, più famosa.

    Cosa posso fare nell’ “aldiqua” per meritarmi l’Aldilà?

    Questa la domanda che l’ha spinta a ricercare il suo Dio personale, quello che da due anni a questa parte sembrava l’avesse abbandonata; questa è Maria Teresa Chechile, una poetessa che non narra, ma scrive. E scrivendo riesce a trasmettere ai suoi lettori le esperienze di vita che affronta ogni giorno, dice di lei il Professor Giuseppe Catapano, Presidente dell’Osservatorio Parlamentare Europeo nonché Rettore dell’Accademia Universitaria AUGE, che introduce la serata.

    Ho parlato, non a caso, di presentazione-spettacolo poiché durante la serata abbiamo assistito all’emozionante lettura dei versi della poetessa fatta dalla bravissima Patrizia Giardini intervallate dai balli cubani di Olga Lidia Priel Herrera. La scelta di portare in scena i ritmi cubani è stata voluta fortemente dalla Chechile, la quale ha voluto in questo modo rappresentare l’unione dei popoli in un momento storico in cui serve essere gli uni il bastone degli altri, sorreggendoci e cercando di non affogare in questo mare nero in cui ci siamo ritrovati, nostro malgrado, ad annaspare. Un senso di comunità e di appartenenza a livello internazionale che costituisce, nelle intenzioni dell’artista, l’unica via d’uscita dalle tenebre.

    La stessa copertina del libro è rappresentativa dello stato d’animo della poetessa ed è stata da lei fortemente voluta: scattata all’alba mentre andava a lavoro qualche mese prima del lockdown, è spesso stata confusa con un tramonto e a quanti le chiedessero il perché di questa scelta, Maria Teresa rispondeva che proprio questa ambiguità fra alba e tramonto, tra nascita e morte, è il filo conduttore del libro, un libro che vuole unire, attraverso le parole, la cura del corpo con la cura dell’anima, parimenti importanti, nella speranza che il ritorno ai valori di un tempo, quelli saldi che riescono sempre a riportare ogni individuo alle proprie origini, quelle origini che ne hanno formato le caratteristiche e che lo rendono, adulto, un cittadino del mondo, sia salvifico per tutti.

    Maria Teresa Chechile ha inserito nel libro una sola poesia in dialetto: Vient. Ella si augura e ci augura che il vento con la sua leggerezza ci possa trascinare lontano, ma ci possa anche far sempre tornare sempre da dove siamo partiti per non perderci mai più.

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